arlare delle Confraternite o
dei Consorzi religiosi trecatesi e' un po' come parlare della
storia di Trecate, tanta parte questi hanno avuto nello svolgersi
della vita della comunita'; sarebbe anche un compito improbo
riuscire a farlo compiutamente per ciascuno di essi. Nel seguito,
quindi, si accennera' solamente ad alcuni degli episodi che ne
hanno caratterizzato la vita nell'arco degli ultimi tre secoli,
limitandosi ad alcune di tali associazioni, non per parzialita'
ma solamente perche' e' soltanto di queste che si sono ritrovati
i documenti piu' curiosi.
La Compagnia o Consorzio o Confraternita era in quei tempi, ed a
Trecate ha continuato ad esserlo sino alla prima meta' di questo
secolo, una organizzazione prettamente laica che si occupava
della gestione della chiesa a cui generalmente si intitolava la
propria denominazione; oppure curava, generalmente all'interno
della Parrocchiale, l'altare del Santo a cui faceva riferimento.
Cio' comportava l'organizzazione di particolari cerimonie
religiose oppure il controllo delle offerte e dei legati che i
fedeli del Santo le facevano pervenire.
LA COMPAGNIA DI SAN GIUSEPPE ED IL CONSORZIO DEI MORTI |
Due di questi Consorzi hanno lasciato documenti
quasi contemporanei, essendo datati 1755 e 1766, precisamente si
tratta del Consorzio dei Defunti (detto anche dei Suffragi o dei
Morti ) e del Consorzio (o Compagnia) di S. Giuseppe. Parliamo prima del piu' antico,
cioe' quello del 1755, relativo al Consorzio di S. Giuseppe.
Non se ne conosce il motivo ma, nell'anno suddetto, i fedeli
decisero di far realizzare un palio, cioe' un dipinto su stoffa,
probabilmente raffigurante il Santo.
Questa loro iniziativa doveva evidentemente preludere ad un
avvenimento molto importante visto che decisero di ricercare la
suddetta stoffa nientemeno che a Milano.
Occorre ricordare che in quegli anni la situazione politica del
Piemonte e della Lombardia era in continua evoluzione, dopo due
secoli di dominazione spagnola le nostre terre erano passate
nelle mani degli Asburgo e successivamente divenute parte
integrante dello stato Sabaudo, stato che limitava la propria
influenza alla riva destra del Ticino. Dopo centinaia di anni
Trecate era quindi divisa dalla citta' lombarda da un confine
politico.
Evidentemente i legami con l'antica capitale dovevano essere ben
radicati se Giuseppe Taddo e Francesco Antonio Borando decisero
di assecondare le difficolta' del viaggio per i propri scopi.
Ci e' giunta nota della cifra impiegata per l'acquisto, spesero
ben 227 lire per sette braccia e mezzo (circa quattro metri) di
broccato d'oro, la proporzione che ci permette di valutare
l'entita' del costo viene dalle indicazioni seguenti. Il Taddo
dichiara infatti di aver utilizzato 5 lire e 13 soldi (ogni lira
era suddivisa in 20 soldi) per le spese di mantenimento a Milano
per due giorni.
Dal confronto emerge chiaramente il valore del tessuto che
probabilmente era addirittura intrecciato di fili d'oro.
Il Borando era forse un tessitore, comunque un intenditore, che
aveva il compito di valutare l'acquisto dal momento che fu pagato
con 5 lire e 19 soldi, cosi' come convenuto con il Priore (cioe'
il Presidente del Consorzio).
Non contenti del broccato i due trecatesi lo abbellirono con un
bordo dorato " galone di oro per servire al detto
palio" per il quale spesero 58 lire 3 soldi e 9 denari (
ogni soldo era costituito da 12 denari).
Una volta che furono sulla via del ritorno dovettero
assoggettarsi al dazio che dicono di aver dovuto sia a Porta
Ticinese sia a Boffalora, interessante la frase usata per
motivare l'esborso :" pagato per il dazio e onoranza alli
hamini del suddetto dazio lire 5 e 13 soldi". Ermetico
il riferimento alla onoranza, dovuta o imposta ?
Un alto particolare delle note ci lascia uno spaccato della vita
del tempo, per attraversare il Ticino i due trecatesi si
servirono di una barca, il ponte fu costruito solamente piu'
tardi, ed anche per questo dovettero pagare pedaggio (non
specificato), evidentemente il servizio di guado era di
competenza della milizia di stanza al confine visto che si
accenna anche, per il trasbordo, agli accordi con gli Officiali.
Il palio venne fatto poi confezionare da un tal Gioacchino
Lagnolo con la spesa di 4 lire e non ci e' dato sapere cosa
questi abbia realizzato sul tessuto di cui, purtroppo, non si
conosce nemmeno la sorte.
La cifra sborsata da Giuseppe Taddo venne debitamente rimborsata
su ordine del Priore Luigi Scaramaglia con l'approvazione del
Sottopriore Rimola e dei Sindaci Borando e Bosetto.
Piu' importante dal punto di vista storico e' da considerarsi il
secondo documento, cioe' quello riferito al Consorzio dei
Defunti.
Tale congregazione fu eretta in Trecate nel 1655, come appare da
una copia di lettera dell'allora Vescovo di Novara Giulio Maria
Odescalchi. In origine al Consorzio era affidata la cappella
ossario, attigua alla Parrocchiale, del vecchio cimitero con il
compito di attendere anche alla chiesa di S. Bernardo, posta
all'interno di quello che sarebbe divenuto il cimitero urbano e
attualmente il parco delle Rimembranze.
Nel 1766 il Consorzio si adopero' per la celebrazione solenne
della festivita' di S. Bernardo e penso' addirittura di
interpellare il Papa per ottenere la concessione dell'indulgenza
plenaria.
Il Pontefice era ancora Clemente
XIII, lo stesso che dono' al Marchese Clerici le reliquie di S.
Clemente. Sarebbe forse azzardato pensare che si rammentasse del
piccolo borgo sabaudo ma sta di fatto che al Consorzio Trecatese
giunse risposta affermativa in data 30 luglio 1766.
La lettera, conservata in originale, porta il sigillo della
segreteria delle Sacre Congregazioni alle Indulgenze.
Su altra lettera, purtroppo in copia, e' tuttavia riportato che
si ottenne successivamente il bene dell'indulgenza plenaria
perpetua, valido quindi ancora oggi.
LA CONFRATERNITA DEL CORPUS DOMINI |
La Confraternita del Corpus Domini, o del
Santissimo Sacramento, nacque a Trecate sul finire del XVI secolo
e continuo' la propria attivita' per quasi quattrocento anni,
cioe' sino alla meta' del 1900.
Le Confraternite trecatesi e, tra queste, quella ricordata,
normalmente nascevano come affiliate ad un organismo maggiore,
fondato dalla Chiesa Romana. In particolare la Confraternita del
Corpus Domini era stata eretta nella chiesa della B.V. Maria
sopra Minerva in Roma.
La data di fondazione ufficiale si puo' fissare al 1573, si legge
infatti in un documento recentemente rinvenuto:
" 1573 Nel nome del Signore nostro Gesu' Cristo, essendo
la magnifica Comunita' nostra di Trecha sempre stata amica et
zelante del honore del culto Divino, havendolo con chiari e
manifesti esempi ed effetti in piu' et vari modi dimostrato, da
dodici anni nel circa in qua essendosi in essa congregata et
unita una bella et honorata compagnia, o schola per di continuo
il magno Iddio con sue oratione et boni esempi, et per honorare
il Sacratissimo Corpo del nostro Signore Gesu' Cristo..."
Si puo' quindi ritenere che gia' nel 1561 i confratelli del
Corpus Domini si ritrovassero in forma non ufficiale.
Il documento a cui si e' precedentemente accennato fa parte di un
incartamento relativo ad una causa civile aperta per un dissidio
nato tra la Confraternita e la Fabbriceria della Chiesa sul
finire del secolo scorso e protrattosi sino al primo decennio di
questo; come spesso accade sono le liti che permettono di venire
a conoscenza di argomenti altrimenti ignorati o sottovalutati,
come in questo caso in cui, per l'istruzione della causa, e'
stato necessario ricercare notizie sulle proprieta' della
Confraternita.
Brevemente si puo' accennare ai motivi del dissidio; la
Confraternita del Corpus Domini diceva di possedere un Oratorio
con accesso verso la Parrocchiale, in pratica l'attuale altare
del S.S. Sacramento e dei locali ad esso adiacenti, che
considerava di sua proprieta' e completamente indipendente dalla
chiesa (perche' separato da essa da cancelli di ferro), di
proprieta' della parrocchia e gestito amministrativamente dalla
Fabbriceria.
A conferma di cio' sosteneva e provava con citazione di antichi
testi, che detto oratorio era stato realizzato con le prede della
torre nova et legnami cioe' con le pietre ed altri materiali di
una torre comunale, appunto la torre nova, quindi non poteva,
detto oratorio, essere considerato di proprieta' parrocchiale.
La parrocchia, infatti, nel decidere l'ampliamento della chiesa
con l'aggiunta delle due navate piu' esterne aveva di fatto
inglobato l'altare nell'edificio modificando anche la struttura
del locale adibito dai confratelli come luogo di orazione e di
riunione, che si trova alla destra dell'altare. La causa si
protrasse per molti anni, tra un appello e l'altro ed alla fine
l'ebbe vinta la Fabbriceria, visto che non era emersa nessuna
prova ufficiale di proprieta' detenuta dalla Confraternita.
Nel documento a cui si e' accennato sono contenute altre
informazioni e, soprattutto, i capitoli e gli ordini della
Confraternita, in pratica il suo regolamento.
Di seguito si riporteranno, per brevita', solo alcuni dei 25
capitoli, ai nostri occhi potranno sembrare anacronistici,
indubbiamente in qualche caso criticabili; occorre tuttavia
considerare che furono stilati quasi quattro secoli fa, in un
periodo in cui molto, troppo spesso si associava il bene
dell'anima a quello della borsa usando con abbondanza il metodo
del bastone e della carota. Probabilmente, poi, le Confraternite
rappresentavano i soli punti di aggregazione della popolazione e
quindi dovevano darsi regolamenti severi, allo scopo di
scoraggiare quanti erano mossi, nell'associarsi ad esse, da
intenzioni di natura politica o altro.
1 - che non si possa accettare alcuno in capitolo che prima
non sia ben contrito e confessato et comunicato et di porsi
delibera di osservare li capituli quali si habbino a leggere et
sia obbligato a fare il suo habito di tela sangallo et accompri
il suo cereo che sia almenco di precio che un reale - compri il
suo cero che costi almeno un reale- et piu' se puo', per
accompagnare il Santissimo Sacramento; et anchora sia tenuto di
far una elemosina alla compagnia intrando nella compagnia secundo
la sua possibilita'.
5 - Che tutti li confrati siano tenuti il giorno del Santissimo
Sacramento e Corpo del Nostro Signore ritrovarsi con l'habito
indosso alla processione generale et la terza dominica di ogni
mese alla processione quale si fa in l'alba a Santa Maria fora
della porta -probabilmente alla chiesa di Santa Maria della Neve
fuori della porta di Novara- et alla messa grande quale si fa
cantare et alla processione quale si fa poi la messa con il
Santissimo Sacramento, con il suo cereo acceso ad honorare il
Signore Nostro, sotto pena di soldi doi per ciascuna volta delle
suddette processioni e messe.
6 - Che ogni confrate sia tenuto, sentendo il segno della campana
da portare il Santissimo Sacramento a qualche infermo, che subito
si ritrovi alla compagnia et con il suo cereo acceso accompagnare
il Santissimo Sacramento allo infermo.
8 - Che tutti li Scolari habbiano a visitare li fratelli infermi
et morendo alcuni de detti fratelli siano tenuti a dire sette
pater noster et sette ave Maria per l'anima del defunto confrate.
12 - Che tutti gli scholari entrati nell'oratorio et detta la
prece debbano inginocchione devotamente adorare il Santissimo
Sacramento avanti alla sua sedia et di poi quelli che sanno
leggere si levano in piedi a cantare et dire lo officio, et li
altri quali no sanno leggere stiano devoti et attenti al officio,
ovvero dicono la corona o oratione devotamente sotto pena di
dinari sei.
16 - Che in correggere li confrati de soi errori et manchamenti
et eseguire le pene per la absentia delli officii non sia alcuno
quale parli ne riprenda pubblicamente eccetto lo priore ovvero
chi da lui haveva commissione sotto pena di soldi uno per volta.
20 - Che non si porta arma di alcuna sorte in detto oratorio
senza causa legittima et con licenza del priore, ovvero dei soi
eletti.
23 - Che alcuno confrate no giocha dinari ad alcuna sorte di
giocho et massima a carte, ne vadano alle taverne o a hosterie,
alla crapula ne alla gola, ne ballano a balli pubblici, ne a far
mascare ne altre sorte di vizi quali portano scandalo alla
compagnia, sotto pena di soldo uno per volta et piu' secundo la
inobedienza et il peccato, al arbitrio del priore et consiglieri.
LA FABBRICERIA |
La Fabbriceria della Chiesa Parrocchiale, o
meglio della Veneranda Chiesa Parrocchiale come si usava dire, si
occupava della amministrazione dei beni della parrocchia;
rappresentava, in pratica, un organo di supervisione per tutte
quelle attivita' relative alla gestione degli immobili e dei
capitali di proprieta' parrocchiale.
Proprio per questa sua funzione erano rappresentati, nel suo
organico, i maggiori enti che si riferivano alla vita religiosa
della comunita' trecatese. Infatti la Fabbriceria era costituita
,almeno nel secolo scorso, da sette persone cioe' dal Parroco e
da due rappresentanti per ciascuna delle tre Confraternite
esistenti, precisamente quella del Corpus Domini (detta anche del
S.S. Sacramento), del Gonfalone e di S. Ambrogio. Non e' dato
sapere per quale motivo le altre aggregazioni religiose, come ad
esempio il Consorzio di S.Giuseppe o quello dei Morti, che ancora
esistevano, invece non ne facessero parte.
A rigore di cronaca e' opportuno precisare che sino al 1852, anno
a cui si riferiscono i fatti di cui tratteremo, i sei Fabbricieri
cosiddetti laici avevano il compito di amministrare per intero i
beni della parrocchia, comprese le sostanze dell'eredita' Bozio
che, pur appartenendo alla Chiesa, non potevano esserlo dal
Parroco, come da testamento del benefattore trecatese del 1719.
Accadde nel 1850 che la Fabbriceria intento' una lite contro
alcuni religiosi locali per il recupero di certi crediti dovuti
per la celebrazioni di messe nella parrocchiale, i querelati si
difesero mettendo in dubbio la legittimita' degli stessi
Fabbricieri che, a loro dire, non risultavano eletti secondo
regole chiare e quindi non possedevano l'autorita' per esigere
quanto detto.
Da una controversia di poco conto si sviluppo' un autentico
putiferio nel quale dovette intervenire anche il Comune di
Trecate come garante della legalita' della Fabbriceria (occorre
ricordare che il Comune, secondo le leggi di quel tempo, aveva il
dovere di provvedere alle esigenze della Chiesa qualora questa
non potesse farvi fronte ed era quindi parte in causa).
La diatriba prese sempre piu' corpo anche perche' le nomine dei
Fabbricieri realmente si svolgevano in un modo che, seppur
dettato dalla tradizione, non assicurava alcuna legalita'
apparente.
I membri delle tre confraternite, in assemblea presieduta dall'
Arciprete, esprimevano verbalmente il proprio voto per questo o
quel Confratello che desideravano eletto nella Fabbriceria; il
Parroco si limitava a segnare i nomi dei votati sui libri delle
adunanze e ad apporre a fianco di ciascuno un "segno
verticale " per ogni voto da questi ricevuto. Quanto fu
contestato era che nessun controllo fosse in questo modo
possibile sulle eventuali arbitrarieta' commesse in sede di
scrutinio, non risultando redatto nessun registro di verbali.
La lite ingiganti' e si trascino' per alcuni anni coinvolgendo
sia i Fabbricieri che lo stesso Arciprete, Giuseppe Rossi, che si
trovo' completamente in disaccordo con le Confraternite e
addirittura da queste accusato, pur senza prove, di manipolare a
proprio favore i risultati delle elezioni dei dei loro
rappresentanti in seno alla Fabbriceria, cioe' di far eleggere le
persone a lui piu' gradite.
I membri delle tre confraternite giunsero a conclusione di dover
indire nuove consultazioni che si facessero con le regole nuove
cioe' analoghe a quelle adottate dalle amministrazioni dello
stato sabaudo, come anche auspicato dal Consiglio Comunale in
data 23 novembre 1852.
Il giorno 25 dicembre 1852 si riunivano 56 Confratelli del S.S.
Sacramento che eleggevano il Dottore Fisico Giuseppe Ferruta ed
il Sacerdote D. Piero Urani, il giorno 26 si riuniva la
Confraternita del Gonfalone con 58 rappresentanti che sceglievano
il Sacerdote D. Maurizio Fusetta e Pier Antonio Mittino. La
Confraternita di S.Ambrogio pur riunendosi il 27 dicembre non
conveniva a nessuna elezione e si doveva attendere il 5 giugno
dell'anno successivo perche' fornisse i nomi dei suoi
rappresentanti e cioe' il Notaio Camillo Antonini e l'Ingegnere
Pietro Pinaroli.
Le cose,anche se a seguito di ulteriori litigi si assestarono e
le attivita' della Fabbriceria, interrotte per lungo tempo,
ripresero con regolarita'.
Tra queste attivita' e' forse curioso ricordare che la
Fabbriceria si occupava anche della gestione potremmo dire minuta
della chiesa, intesa come edificio, stilando le regole, dette
allora capitoli di regolamento, che dovevano essere rispettate
dai Sottosagristi, Chierichetti, Paratori della Chiesa
Parrocchiale e dal Tesoriere della Fabbriceria.
Gia' nel 1790 questi capitoli erano chiaramente definiti e sono
riportati con precisione in un volume detto delle
"ordinazioni", che contiene cioe' un elenco delle
disposizioni sancite dalla Fabbriceria.
Ricordiamo alcune parti di questi regolamenti; per il
"Sottosagrista", figura ormai scomparsa di aiuto al
Sacrestano che allora era un religioso, si dice:
" Si eleggera' in Sottosagrista un secolare probo,
diligente e fedele, e la sua incombenza in generale sara' di
accudire alla custodia della chiesa, delle sue suppellettili e di
essere d'aiuto alli Signori Sagristi in ogni occorrenza e massime
nel trasporto dei paramenti e degli ornati dell'altare maggiore
nelle solennita' ed altre feste in cui gli verra' ordinato... ...
Aprire ogni mattina al suono dell'Ave Maria le porte della chiesa
e della sagrestia ed alla sera, alle ore 24, chiuderle con
diligenza; indagando prima negli angoli, se mai vi fosse qualcuno
nascosto. Aprire la chiesa di notte, qualora avvenga di portare
il viatico agli infermi e fermarsi sino al ritorno... ... Il
salario sara' di lire cinquanta Imperiali da pagargli con mandato
del Tesoriere in fin d'anno; senzacche' possa pretendere in
qualunque tempo gratificazione alcuna per qualsivoglia titolo,
occasione o pratica straordinaria...".
Per il Chierichetto si diceva: " Dovra' trovarsi in
sagrestia ogni giorno, dal segno dell'Ave Maria fino a quello del
mezzogiorno e, al dopo pranzo, quando siavi qualche funzione per
fare quanto gli verra' ordinato dalli Signori Parroci e
Sagristi...
... Servire a tutte le funzioni parrocchiali, accendere ed
estinguere le candele e le torcie dove e qualunque volta sia
bisogno...
... Avere, a sue spese, veste e cotta decente e cosi' vestito
trovarsi ad assistere alle funzioni e servire alla Santissima
Comunione...
... Questuare intorno alla chiesa in tempo di ogni messa nei
giorni festivi..."
Anche per il paratore della chiesa si erano stilate regole ben
precise:" Apparare con la nuova tapizzeria di damasco
tutta la chiesa nelle solennita' del Santo Natale, dell'Epifania,
di Pasqua, di S. Cassiano e di S. Michele; sicche' per lo
stipendio stabilito sara' obbligato apparare la chiesa cinque
volte in cadun anno...
... Levare la tapizzeria, zendaline e frangie il giorno
immediatamente feriale alla solennita'; mondarla quindi dalla
polvere, piegarla e riporla nel suo armadio con ordine,
rimettendone le chiavi a chi s'aspetta; essendo inoltre obbligato
ad avere in suo aiuto altre persone perche' la tapizzeria non
debba toccare il pavimento...
... Il salario resta fissato in lire cinquanta Imperiali da
pagarsi dal tesoriere con mandato in fine di ciascun anno...
... Occorrendo in qualunque occasione di apparare il solo
presbiterio e coro, sara' tenuto a farlo gratis...
... Ogni volta che dovra' apparare la chiesa sara' obbligato di
pulirla e mondarla dalla polvere e ragnatelle qualche giorno
prima..."
Non ci e' dato sapere chi ricoprisse gli incarichi a cui abbiamo
accennato nel 1790, sono invece noti i nomi di quanti li
seguirono alcuni anni piu' tardi e cioe' nel 1835, come
Sottosagrista fu assunto Giovanni Antonino ed in quella di
Chierichetto Taddi Gaudenzio mentre il Paratore era Ronzone Carlo
Giosue'; in quell'anno, poi, le cariche di Sottosagrista e
Chierichetto furono accorpate, cioe' entrambe le persone
ricoprivano entrambi gli incarichi; forse anche allora le
ristrettezze economiche suggerirono questo artificio che
permetteva di "raddoppiare" l'organico mantenendo
invariato l'esborso.
Il Tesoriere della Fabbriceria era indubbiamente la persona piu'
responsabilizzata, tra quelle di cui abbiamo parlato, la sua
posizione (e la sua cultura, ricordiamo gli elevati tassi di
analfabetismo del tempo) ne facevano una persona importante che
doveva essere adeguatamente controllata; particolarissimi, oltre
che numerosi e dettagliati sono i capitoli del regolamento a lui
riferiti :".. Si eleggera' a questo impiego, dalla
Fabbriceria, una persona Proba, abilea tenere un registro esatto
dei conti e zelante per i vantaggi della Chiesa...
... E' a di lui carico, diligenza e cura l'esenzione di tutte le
partite di crediti e prestazioni dovute alla Chiesa Parrocchiale
ed alle altre sussidiarie...
... Paghera' il rispettivo onorario alli stipendiati e tutte le
passivita' incombenti alla Chiesa Parrocchiale ed alle
sussidiarie, sempre con mandato firmato da due Fabbricieri e dal
Cancelliere...
... Conservera' presso di se' le chiavi del ripostiglio della
cera del cui introito ed uscita terra' registro a parte; qualora
gli vengano affidate le chiavi del cosi' detto "
serraglio" -probabilmente il ripostiglio- sopraintendera'
affinche' ogni cosa che vi si ripone sia ben custodita...
... Lo stipendio fisso del Tesoriere, per tutto quanto sopra, e'
stabilito il lire 70 di Milano, di cui non potra' compensarsi che
in fine di ogni anno..."
E' grazie proprio ad uno di
questi tesorieri della Fabbriceria se possiamo presentare un
antico stemma comunale, forse il piu' antico mai pubblicato. Il
disegno, semplice, quasi ingenuo si trova sul retro della
copertina di un "libro di scossa", cioe' un registro
delle entrate ed uscite finanziarie, della Fabbriceria datato
1744; il tesoriere di allora era Giacomo Perone di Giuseppe e
forse fu proprio lui ad eseguirlo.
L'altro stemma non e' invece
databile con sicurezza, si trova su di uno scampolo di uno
stampato, probabilmente del dazio viste le indicazioni relative
alla pesatura del fieno. La parte iniziale, con le cifre 17
associabili alla data lo collocherebbe, unitamente al tipo di
carta usato ed al carattere di stampa, nella seconda meta' del
settecento. Particolare l'indicazione TRECCATE riportata solo
all'interno dello stemma.